La situazione in Argentina

Intervista ad Analía Pérez, Edgardo Diz, Pablo M. Pérez, Christian Capurro della Federazione Libertaria Argentina – IFA

Disuguaglianze sociali ed economiche

Commissione di Relazioni Internazionali – d’ora in poi CRINT: Anche in Argentina il governo ha deciso di attuare misure di quarantena molto rigorose. Misure simili hanno generato in Italia nuove disuguaglianze e CRINTsi sociali. Cosa si può dire della situazione da quelle parti?

Analía Pérez, Edgardo Diz, Pablo M. Pérez, Christian Capurro della Federazione Libertaria Argentina – d’ora in poi AEPC: Le misure qui non sono state rigorose, sono state applicate solo nei primi mesi del 2020 ed ora, nell’aprile 2021, con la seconda ondata di contagi in misura ancora inferiore rispetto al 2020.

Due elementi risaltano in questa regione del mondo. Da un lato, il vantaggio paradossale dei paesi sottosviluppati lontani dal luogo in cui è iniziata la pandemia è che abbiamo qualche settimana di vantaggio per vedere cosa ci accadrà, guardando a ciò che sta accadendo nei paesi europei. La seconda caratteristica è che il peso dell’informalità nell’economia e nella società, sommato alla disoccupazione (il 35% dell’economia è “in nero” e c’è il 12% di disoccupazione) impedisce l’applicazione di meccanismi rigorosi di controllo come multe o sanzioni. Inoltre, la circolazione dei lavoratori è importante affinché i settori ricchi possano mantenere la loro normalità (una denuncia emersa all’inizio delle restrizioni era che il personale domestico non poteva occuparsi di pulire le case dei ricchi).

A marzo 2020 il governo ha decretato, con un sostegno diffuso, la rigorosa quarantena anticipata (quando si erano verificati solo 128 casi e 3 morti), al fine di guadagnare tempo e preparare il sistema sanitario. Tutte le attività non essenziali erano paralizzate, le aziende dovevano sostenere il pagamento degli stipendi e furono proibiti licenziamenti e sfratti.

Dopo una settimana dalla firma del decreto, una delle più grandi società del paese ha licenziato 2.000 lavoratori. Il capitale ha rinnegato il governo sotto gli occhi di tutti ed ha chiarito che non avrebbe rinunciato nemmeno ad una parte dei suoi profitti di fronte all’imminente CRINTsi sanitaria. Da quel momento i rappresentanti più diretti del capitale concentrato hanno scatenato una campagna contro le misure di isolamento. La discussione sulla legittimità e la necessità o meno della quarantena è diventata centrale nel dibattito.

I partiti politici di destra hanno saputo capitalizzare il malcontento e le frustrazioni che la situazione ha generato, guadagnando sostenitori nell’ultimo anno. La strategia della destra ha perseguito un duplice scopo: mantenere l’attività economica in modo da non rinunciare ai profitti, indipendentemente dal numero di morti fra i lavoratori e utilizzare incidentalmente quelle morti per colpire il governo, accusandolo del fallimento della sua politica sanitaria.

Di fronte a questo scenario il governo, più interessato a evitare il confronto con questo settore che a soddisfare i bisogni della popolazione, ha gradualmente aperto le attività, mantenendo al limite la capacità del sistema sanitario ma impedendone il collasso. L’obiettivo non era più prevenire i decessi ma tollerarli fino a un certo limite in modo che l’economia potesse continuare a funzionare.

Il vero problema in questo periodo di pandemia non sono le restrizioni attuate dallo Stato, bensì quali settori sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia e questi risultano essere:

1. Coloro che sono stati esclusi dalle restrizioni perché considerati essenziali e hanno dovuto continuare a lavorare durante tutto il periodo, esponendosi al contagio. Attualmente la maggior parte delle attività funziona quasi normalmente, non solo quelli essenziali.

2. Lavoratori dell’economia informale e disoccupati che, poiché c’è meno attività economica, trovano meno lavoro. Ovviamente poi le persone che vivono per strada, ai quali viene precluso qualsiasi genere di attenzione sanitaria.

3. Lavoratori in generale, che sono inevitabilmente esposti al contagio in trasporti pubblici ed attività non sicure, i cui stipendi si stanno poi riducendo a causa dell’inflazione (nel 2020 era del 36,1% ed il cibo del 42% – dati Indec). Allo stesso tempo, a causa del rischio di contagio, hanno meno possibilità di manifestare, di associarsi, di protestare e fare pressioni.

Non abbiamo percepito nuove disuguaglianze ma piuttosto un’accentuazione di quelle già esistenti. La distribuzione della ricchezza mostra che il 10% più povero dell’Argentina partecipa all’1,5% del reddito del paese ed il 10% più ricco riceve il 31,7%. In termini percentuali questo significa una proporzione di 2200% fra il primo e l’ultimo decile.

Il 31,5% della popolazione è considerato povero (9 milioni di persone), vive cioè con l’equivalente di meno di 240 euro al mese mentre altri 3 milioni di persone sono considerate indigenti, cioè non coprono il paniere del cibo di base e sopravvivono con l’equivalente di meno di 95 euro al mese. (Fonte: Instituto Nacional De Estadísticas y Censos. 3/2021).

Il governo prevede una crescita economica del 7% nel 2021 ma, a causa della struttura della distribuzione della ricchezza, gli analisti ritengono che quasi nulla di questa crescita raggiungerà i settori più poveri.

In materia repressiva, di là di alcune misure simboliche isolate (come l’abrogazione di una risoluzione del precedente governo che autorizzava le forze dell’ordine a sparare alle persone in caso di fuga o se in inferiorità numerica e che ha generato situazioni di massima impunità), si evidenza una continuità nel mantenimento dell’apparato repressivo di polizia, una politica statale che viene mantenuta in governi di diverse tendenze.

All’inizio della quarantena (la fase con le più forti restrizioni per la circolazione e gli spostamenti), era prerogativa delle forze di polizia la vigilanza sull’osservanza delle misure anti-contagio, promuovendo così l’accentuazione della consueta violenza classista della polizia e successivamente occultando atti di violenza, omicidi o la scomparsa del giovane Facundo Asturdillo Castro da parte della polizia di Buenos Aires. Le pistole Taser sono state abilitate anche per gruppi speciali delle forze federali in distretti come la città e la provincia di Buenos Aires.

Nel mezzo della quarantena scoppiò una rivolta della polizia di Buenos Aires, che dietro la richiesta di un aumento di stipendio ha in verità dato una dimostrazione di forza contro ogni possibilità di maggiore controllo politico sul loro potere autonomo e sulla loro condizione di impunità. Il governo non solo ha concesso gli aumenti salariali, ma ha annunciato il Piano di rafforzamento della sicurezza per la provincia di Buenos Aires, con un budget di 38 miliardi di pesos, sotto forma di costruzione di nuove prigioni, l’acquisizione di auto di pattuglia e altre forniture, al finanziamento del reclutamento di altri 10.000 agenti di polizia oltre ai 96.000 già esistenti. In una parola, il budget aggiuntivo è stato dato come prebenda al settore per aumentare la sua potenza di fuoco.

Le condizioni disumane in cui vivono i prigionieri ed il rischio aggiuntivo generato dal sovraffollamento (senza i privilegi di cui godono repressori, genocidi e altri “prigionieri VIP”) sono stati denunciati fin dall’inizio della pandemia. In un contesto di sovraffollamento carcerario del 130% dove quasi il 50% dei detenuti non ha una condanna, le condizioni edilizie sono più che precarie, in alcuni luoghi manca l’acqua potabile, e le istanze giudiziarie di ricorso sono state chiuse per quarantena. Gli arresti domiciliari, la liberazione assistita o altre misure alternative sono state proposte almeno per il settore più a rischio. La questione occupava un posto nell’agenda politica ma è stata nascosta e rinviata da media e dal governo, che ha scaricato la responsabilità alla magistratura e al potere giuridico. I massicci appelli alla protezione hanno generato pressione, ma né i giudici né i funzionari hanno voluto esporsi al costo politico di decisioni di questo tipo e non è stato fatto nulla al riguardo. Rivolte e proteste sono scoppiate nelle carceri chiedendo misure opportune. Hanno risposto con la repressione: cinque persone sono state uccise nelle carceri di Santa Fe e, nelle province di Corrientes, Florencio Varela e Jujuy, quattro giovani sono stati uccisi con proiettili di piombo da membri del servizio carcerario.

Il progetto di mandare agli arresti domiciliari i detenuti per reati “minori” è stato stravolto dalla destra e dai suoi giornalisti, che hanno finalmente reso visibile la questione ma con una clamorosa campagna tormentata da notizie false. Il rifiuto di queste misure è aumentato e diventato diffuso. Sebbene siano sempre discutibili e di parte, i sondaggi segnalano che circa l’80% della popolazione si oppone alla “liberazione” dei prigionieri. La penetrazione nella società delle dottrine punitive è allarmante, prodotto di decenni di propaganda fascista che alimenta la paura e presenta il CRINTmine come un mostro fuori controllo.

Nel febbraio di quest’anno, accompagnando uno sciopero della fame di prigionieri in diverse carceri in atto in quel momento, hanno ripreso forza le rivendicazioni dei carcerati: i parenti di persone private della libertà si sono accampate e stanno mantenendo un presidio permanente davanti al tribunale. Si chiede ai tre tre poteri dello Stato di agire di fronte a questa situazione di vulnerabilità, sostenendo le richieste dei detenuti, che rientrano nelle garanzie legislative ma di fatto è lo Stato stesso a bloccarle. Accompagnato da militanti ma invisibile ai media, il presidio è sostenuto con grandi sforzi.

CRINT: Quali misure sono state attuate a diversi livelli dell’amministrazione statale?

AEPC : La cronologia delle misure restrittive e la loro attuazione può essere visto in Wikipedia in dettaglio.https://es.wikipedia.org/wiki/Medidas_sanitarias_por_la_pandemia_de_COVID-19_en_Argentina#Cronolog%C3%ADa

CRINT: Ci sono state ripercussioni dirette sul sistema educativo pubblico e privato?

AEPC: L’Argentina è un territorio molto esteso con realtà diverse, però metà dell’intera popolazione è concentrata nel Comune e nella provincia di Buenos Aires1.[1] Ora proviamo a spiegare la situazione generale in questi due luoghi.

Per tutto il 2020 le lezioni nei tre livelli (primario, secondario, universitario) sono state virtuali, non c’è stata frequenza nelle scuole e nelle università. Questa situazione è stata ritenuta necessaria in quanto il sistema sanitario pubblico è totalmente ridotto e depotenziato e non è in grado di far fronte ad un numero massiccio di ricoveri. Durante quel periodo, lo Stato ha dedicato parte del bilancio al miglioramento del sistema sanitario ed ha rivendicato il risultato di non aver sofferto mai carenze di posti letto in terapia intensiva.

Questa situazione implicava, a sua volta, che gli insegnanti lavorassero da casa, assumendosi i costi che la scuola doveva sostenere. Per gli studenti, questo ha significato un aumento delle disuguaglianze poiché i settori che hanno tecnologia, buona connettività e case confortevoli per studiare, hanno un grande vantaggio, mentre la stragrande maggioranza delle famiglie non ha computer o connettività e vive in condizioni difficili. La Escuela Libre de Constitución, che condivide i locali con la Federazione Libertaria Argentina, ha subito anch’essa questa situazione nel corso del 2020.

Nel 2021 le scuole hanno iniziato a garantire lezioni in semi-presenza, una condizione che sembra aggravare i problemi invece di risolverli. Nella maggior parte delle scuole infatti gli studenti hanno una settimana virtuale e una settimana faccia a faccia. Però i corsi non sono completi ma partecipano la metà degli studenti a settimana (la maggior parte dei corsi sono numerosi nelle scuole pubbliche). Gli insegnanti, tuttavia, nella città di Buenos Aires, devono sempre frequentare e dare lezioni virtuali dalla stessa scuola, anche se gli studenti non sono presenti in quel momento. È una misura che viene applicata solo per controllare gli insegnanti e non ha senso dal punto di vista pedagogico.

Nell’aprile 2021, con la seconda ondata di contagi, il sistema sanitario sta raggiungendo la saturazione, con il 90% dei posti letto in terapia intensiva occupati. Di fronte a questa situazione, il governo nazionale ha imposto la cessazione delle lezioni in presenza ma l’opposizione di destra si rifiuta di conformarsi, assumendo la difesa delle aziende che vogliono che la macchina economica non si fermi.

A loro volta, le misure di salvaguardia contro il contagio implicano un arretramento verso le forme più arcaiche di disciplina scolastica: gli studenti devono essere allontanati, non possono relazionarsi, non possono prendere in prestito libri o cose, devono avere un comportamento altamente regolato. La scuola assume pratiche basate sul “distanziamento sociale” perfettamente compatibili con l’individualismo competitivo di radici capitaliste. Si apre un paradosso notevole, dal momento che prendersi cura degli altri consiste nel non relazionarsi né condividere.

I sindacati degli insegnanti, più o meno burocratizzati, sono intrappolati nella smobilitazione, nell’atomizzazione (solo nella Città di Buenos Aires ci sono undici sindacati), nella mancanza di assemblee e nella scarsità di rapporti tra i membri, poiché la virtualità non è uno strumento aggregante e la lotta di strada è diminuita a causa della paura del contagio. D’altra parte, gli stipendi degli insegnanti risentono dell’aumento dell’inflazione e della scarsa capacità di resistenza.

CRINT: Sono emerse questioni di genere CRINTtiche che devono essere evidenziate?

AEPC: Dopo l’approvazione della legge che legalizza l’aborto, nel dicembre 2020, l’enorme ed eterogeneo movimento femminista sembra essere entrato in un momento di smobilitazione prodotto, in parte, dalle precauzioni contro possibili contagi. È difficile sapere cosa succederà dopo la pandemia ma i casi di femminicidio non stanno diminuendo e ci si può aspettare che la lotta delle donne continui con fermezza, poiché in ogni situazione di abuso la loro voce e la loro presenza sono notevoli. Le questioni relative alla cura dei malati ricadono maggiormente sulle donne, che hanno dovuto in gran parte affrontare la pandemia e si occupano anche di sostenere l’economia domestica. A sua volta, la convivenza forzata durante la fase di quarantena rigorosa ha esacerbato i problemi della violenza domestica, con il numero di femminicidi che è stato una drammatica costante, come detto in precedenza.

Flessibilità del lavoro

CRINT: In Italia il telelavoro è stata un’opportunità di cui hanno approfittato i datori di lavoro per attaccare ulteriormente i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Come si sono sviluppate queste tensioni in Argentina? I sindacati e le corporazioni sono stati all’altezza? Sono emerse nuove forme di abuso e precarietà dei lavoratori e delle lavoratrici?

AEPC: Il telelavoro in Argentina occupa un settore relativamente piccolo del mondo del lavoro. Il problema maggiore coinvolge disoccupati e disoccupate, il 12% , e lavorat@ informali, il 35% della popolazione che svolge un lavoro irregolare, senza contributi alle pensioni o alla salute, senza possibilità di aderire a un sindacato, con grande instabilità lavorativa e basso reddito. Con questo enorme esercito di riserva di manodopera, @ lavorator@ del settore formale hanno poco spazio per combattere, poiché possono essere facilmente sostituit@.

Allo stesso tempo, la maggior parte dei sindacati sono grandi apparati burocratizzati, alcuni funzionano come aziende, con i propri dipendenti e i propri leader. Sono generalmente immobili. Tutti sono in una sorta di tregua sociale, con la pandemia come pretesto e, sebbene scoppino conflitti settoriali, la maggior parte dei sindacati sono legati all’attuale governo e non vogliono generare alcun conflitto che lo destabilizzi.

Una nuova forma di precarizzazione è la possibilità di disporre delle risorse de@ dipendenti, come la loro connessione alla rete elettrica, il loro servizio internet ed il mancato rispetto dei limiti della giornata lavorativa.

Da segnalare in particolare l’inizio e la crescita negli ultimi anni di una nuova forma di sfruttamento: le aziende che, tramite un’applicazione per cellulare, gestiscono la consegna dei pasti a domicilio, in bicicletta o in moto. Data la chiusura, il fatturato di queste imprese è cresciuta del 400% durante la pandemia. Con l’inganno di presentare i propri lavoratori come lavoratori autonomi e l’azienda solo come intermediario, mantengono i propri dipendenti sotto un regime che si discosta di poco da quello di un@ lavorator@ irregolare: senza tutele alla salute, né salario fisso, né assicurazione per gli infortuni sul lavoro, o una mutua, o assenze per malattia retribuite o altri diritti. I lavoratori e le lavoratrici del settore si stanno organizzando. A metà dello scorso anno hanno condotto uno sciopero internazionale che è stato replicato in Brasile, Messico, Cile e Costa Rica.

Organizzazioni sociali e partecipazione politica

CRINT: Alcune importanti organizzazioni sociali hanno svolto un ruolo fondamentale nella formazione e nel conseguente trionfo del fronte elettorale che in questo momento è responsabile dell’Esecutivo. Premesso che si può già parlare di un indiscusso fallimento nella gestione delle politiche da parte del governo, quale atteggiamento stanno tenendo le organizzazioni sociali?

AEPC: L’esistenza di una percentuale così alta di lavorat@ informali sul totale e di così tant@ disoccupat@ riduce la forza del movimento sindacale ma ha prodotto l’emergere di grandi organizzazioni sociali che sono in contatto con i sindacati. La maggior parte delle organizzazioni sociali sono legate al governo, ma c’è anche un settore importante che risponde ai partiti trotskisti ed è all’opposizione, così come alcun@ militant@ del movimento libertario. Entrambi i settori ricevono sussidi dallo Stato che consentono alle famiglie di sopravvivere, costruire attività di economia popolare ed ottenere un certo potere contrattuale.

Le organizzazioni sociali legate al governo mantengono una posizione di attesa e sono divise per intensità di sostegno, collaborano però tutte nell’impedire con ogni mezzo il ritorno al potere politico dei partiti di destra che hanno governato la fase precedente. Questo fronte di destra sembra determinato a riguadagnare la propria importanza anche a costo dei rischi che un atteggiamento irresponsabile di opposizione può comportare durante un’emergenza sanitaria, mettendo in dubbio l’esistenza del virus prima, l’efficacia dei vaccini dopo, operando come i gestori dei grandi laboratori in questo momento ed appellandosi in continuazione all’egoismo più primitivo dell’essere umano per ottenere qualche profitto politico e seminare odio tra la popolazione povera, in contrasto con qualsiasi idea di solidarietà e la nozione di collettività.

CRINTNT: Inoltre, nonostante il contesto così difficile sono state generate o consolidate esperienze positive che meritano di essere evidenziate?

AEPC: Nel corso del 2020 il confinamento per prevenire i contagi ha rivitalizzato il circuito noto come “economia popolare”. Questa dimensione vuole mettere in relazione @ consumator@ direttamente con le piccole produzioni (sia ortaggi sia prodotti vari) e sostenere percorsi di autogestione e contro lo sfruttamento. Il movimento è molto vario ma è riuscito a stabilire una rete di relazioni che fungono da antidoto all’isolamento, favorendo la costruzione di reti di solidarietà. Forse questa è una delle esperienze più ricche che serve da contrappeso alla situazione incerta. Sono state gestite o sviluppate attività di mutuo sostegno anche nei quartieri più vulnerabili che, spinti dal bisogno, sono il seme di nuove costruzioni comunitarie che si riparano sotto il calore delle pentole popolari.

Parallelamente agli insufficienti tentativi del governo di mantenere l’accesso agli alloggi (sospensione degli sfratti, divieto di aumento degli importi degli affitti), si è verificato il fenomeno dell’occupazione di terre nelle zone periferiche di Buenos Aires, che ha significato una resistenza alla storica disuguaglianza nella distribuzione dei terreni per l’edilizia abitativa in Argentina. L’occupazione più importante, Guernica, per la qualità organizzativa che è stat@ in grado di sviluppare e la notorietà mediatica raggiunta, è stata brutalmente sfrattata dalle forze di sicurezza, che non hanno risparmiato risorse nel mostrare la natura disciplinare del provvedimento.

Questa fase della pandemia sembra presentare una situazione di impasse nelle lotte e nelle manifestazioni di strada, questo non significa che non esistano, conflitti e resistenze sono registrati in modo permanente; c’è però la sensazione di essere in un tempo morto, in una pentola a pressione, che rivelerà la propria verità all’apertura. Quando potremo uscire unit@ in strada.

Commissione di Relazioni Internazionali della F.A.I.

NOTE

[1] Il Comune di Buenos Aires (CABA, Ciudad Autónoma di Buenos Aires) è uno stato federale autonomo. Esso non fa parte integrante del territorio della Provincia di Buenos Aires (che è uno stato federale diverso) e non ne è, di conseguenza, neanche il capoluogo. L’AMBA (Area Metropolitana di Buenos Aires) è costituita dal Comune e dai territori della Provincia che rappresentano una continuità in termini di agglomerato urbano ma non corrisponde a nessuna entità amministrativa specifica. La Provincia di Buenos Aires è il distretto con la maggiore popolazione del paese. (NdT).

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